Off-Lying per definizione significa situato lontano dalla costa, in posizione remota.
Remote, rispetto agli epicentri mondiali dell’arte contemporanea, sono le città di origine di tutti i partecipanti a questa mostra: tanto l’imolese Gianluca Gimini quanto i cinque membri del collettivo Trash.Been, originari del vicentino e del rodigino. Ma la ragione della scelta di questo titolo sta anche e soprattutto nell’assonanza con un’altra, ben più nota, espressione inglese: “off-line”. La mostra nasce infatti da un’idea del gallerista Marco Chiarini che ha chiesto a Gimini e ai Trash.Been di realizzare materialmente una serie di lavori nello stile abitualmente usato per i loro progetti di natura digitale.
Gianluca Gimini è un designer con diverse esperienze espositive che non si riconosce però nella definizione di artista. È un millennial laureatosi nel 2008 e sostiene che proprio il fatto di non avere mai conosciuto i fasti del mondo lavorativo pre-crisi abbia condizionato il suo approccio alla progettazione. Nei recenti anni dell’austerità e della decrescita non proprio felicissima, il messaggio post-consumistico è stato da lui assimilato orientando tutta quella parte del suo lavoro dedicata a progetti di ricerca, verso idee e sperimentazioni certamente molto più attinenti alla sfera del design che a quella dell’arte o della grafica, ma che non hanno mai avuto come fine ultimo quello di una realizzazione in serie e spesso nemmeno quello di una realizzazione materiale come prototipi. Velocipedia è su tutti il progetto da citare ad esempio per questa tipologia di suoi lavori, in particolare è quello che ad oggi gli è valso maggior notorietà essendo diventato virale in tutto il mondo. Con la partecipazione a Off-lying Gimini ritorna a cimentarsi con la realtà materiale (quella priva di “ctrl-z”) senza le consuete interfacce, solitamente quella del mouse in fase di progettazione e quella di un’azienda realizzatrice nell’eventuale produzione, che separano le sue idee dal prodotto finito.
Gianluca Gimini – Iconoplastica
Una serie di 9 pannelli in multistrato sagomati di dimensioni indicative 60×80 cm. Tagliati in parte a mano e in parte a laser, sono dipinti ad aerosol, riproducendo alcune tra le icone che il designer realizza per il proprio profilo Instagram. Queste icone, che Gimini pubblica al ritmo di una o due la settimana dal giugno 2017, sono un esercizio di composizione in più fasi. La genesi è legata al mondo materiale, poiché vengono schizzate a mano libera su carta. Vengono poi trasposte in digitale con diverse tecniche, a volte passando attraverso un’elaborazione 3D, in altri casi con la produzione di un file vettoriale che viene poi rasterizzato e colorato, sempre digitalmente. Con Iconoplastica le icone fanno ritorno al mondo materiale conservando una traccia del loro passaggio attraverso i modelli matematici perfetti dell’ambiente informatico. La ricerca formale è ispirata, più nell’intento programmatico di un ritorno a forme primitive eppure originali che nel linguaggio espressivo, al lavoro di Lucio Del Pezzo che Gimini omaggia con un decimo pannello ispirato ai celebri casellari dell’artista partenopeo.
Gianluca Gimini – HAHA
HAHA è un oggetto scultoreo in ceramica (di altezza 19.5 cm) realizzato per colaggio. Lo si può considerare un lavoro di tipografia tridimensionale con una vocazione cinematica: la rotazione dell’oggetto attorno a un asse verticale produce un “haha” perpetuo. HAHA è realizzato in versione nera opaca a smalto (tiratura 300 pezzi) e come supporto per collaborazioni artistiche come pezzo unico o in tiratura limitata.
Di Off-lying fanno parte 5 versioni di HAHA realizzate dal collettivo Trash.Been in tiratura limitata di 3 esemplari: quattro dipinti a freddo ad aerosol ed uno decorato in fotoceramica su smalto bianco. Collaborazioni con altri artisti verranno avviate nel prossimo futuro.
Il collettivo Trash.Been, fondato nel 2016, è composto da Luca Filippi, Marco Franceschini, Alessio Gianella, Marcello Raffo e Nicolò Tromben. I cinque hanno conosciuto Gianluca Gimini a Ferrara dove è stato loro professore al corso di laurea in design industriale. Il loro ricco e meritatamente seguitissimo account Instagram raccoglie lavori digitali in uno stile che loro chiamano “trash” con voluto under statement. Anche questi cinque giovani professionisti si identificano più come designer e progettisti grafici che come artisti, nonostante abbiano a curriculum diverse mostre collettive. Nei loro lavori sono spesso presenti elementi di cultura pop e della cosiddetta cultura trash, frequentissimi rimandi nostalgici a tecnologie superate e all’immaginario del web 1.0, da loro celebrato quasi come una creatura mitologica che non hanno fatto in tempo a conoscere. I linguaggi usati sono certamente imparentati con la “vaporwave”, lo stile “new ugly” e la “glitch art”, ma con elementi di assoluta originalità. Il loro manifesto, se esistesse, probabilmente ripudierebbe il vincolo di qualsiasi regola o stile, ma la stessa scrittura di un manifesto appare superflua e demodé se si pensa ai Trash.Been. Con la partecipazione ad Off-lying i Trash.Been escono dal contesto di Instagram e per la prima volta non si limitano all’esposizione di elaborazioni grafiche stampate in digitale, ma si cimentano con la realizzazione materiale di alcuni progetti cross-mediali, forti delle abilità personali, estremamente diversificate all’interno del gruppo che comprende tra gli altri anche due writer e un illustratore.
Trash Been – iCon
Cinque icone tra le più rappresentative del sistema operativo Windows 98 che il collettivo distorce e reinterpreta secondo il proprio stile e le proprie cromie. I lavori, realizzati su pannelli sagomati tagliati a laser (multistrato su MDF) sono dipinti ad aerosol ed hanno dimensioni indicative 50×50 cm.
Il progetto, concepito e realizzato per questa mostra, comunica materialmente il sentire digitale del collettivo, trasponendo in concreto i principali canoni e stilemi. L’elemento del pixel, unito alle loro tipiche distorsioni e fluidificazioni delle immagini, diviene elemento semantico fondamentale del loro linguaggio material-digitale, traduzione e non reinvenzione del linguaggio digitale abitualmente parlato.
Trash Been – 300 ppi
Queste cinque tele in formato 50×50 cm, progettate digitalmente e realizzate ad aerosol, perseguono l’obiettivo di conciliare la godibilità dell’opera con una completa perdita di leggibilità. Qui non vi è più un aspetto figurale recepito e tradotto, come nella serie iCon, ma un cortocircuito tra figura e sfondo che non permette di chiarire né il rapporto tra le parti di ciascuna opera né di attribuire ad esse dei significati. Per tutti e cinque i lavori, l’indagine riguarda il rapporto tra figura e sfondo, ma il raggiungimento dell’obiettivo passa attraverso strategie diverse, il che denuncia con forza la formazione del collettivo ed il loro approccio progettuale: da un lato l’hashtag, ponte ideale tra questa e la precedente serie, in cui la dialettica tra il soggetto e il suo fondale viene quasi neutralizzata da un uso “chiasmico“ dei gradienti; dall’altro i tre lavori che riciclano brandelli di finestre di dialogo informatiche e tratti di colore che rimandano a diversi software (Paint, Photoshop, Word) ma non consentono né invogliano a un tentativo di interpretazione, veicolando invece un’idea di disgregazione caotica che sembra alludere alla corruzione di un file o agli effetti di un virus informatico. Nella quinta opera il rapporto tra figura e sfondo viene indagato in modo differente, con il soggetto che diventa sfondo di se stesso in una rappresentazione che cita il tipico effetto prodotto dal trascinamento di una finestra su un sistema operativo Windows 95 o 98.
Nello store online è possibile acquistare gli “HAHA” di Gianluca Gimini, Trash.Been e una serie di stampe in edizione limitata disegnate da entrambi gli artisti.
La mostra, inaugurata il 21 Aprile 2018 è visitabile fino al 3 Giugno 2018, tutti i giorni (escluso il lunedì) dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00.
Per informazioni: info@talesofart.it o (+39) 329 95 20 887